START | Venezia | La leggenda del poaro fornareto

Storia raccontata in prima persona di uno dei veneziani più famosi. Storia o leggenda?
Riassunto tratto da “Il fornaretto di Venezia” di Franco Zagato
E’ l’alba e all’angolo tra la calle della Mandola e il ponte degli Assassini c’erano ancora accesi i cesendoli. A poca distanza dal ponte vedo un luccichio, una fibbia, no, aspetta, una guaina d’argento di un pugnale. Bello davvero, adesso vado dalla mia adorata Annella e gli faccio una sorpresa. Anzi no, gliela regalo quando mi prometterà di essere la mia sposa. Non voglio aspettare un’altro anno! Non voglio aspettare e sperare che venga eletta Maria per avere la sua dote. E se il suo padrone, il Barbo, si sbagliasse a rassicurarmi che fosse proprio lei una delle 12 Marie del prossimo anno? E in un anno possono succedere tante cose! Con la guaina che ho trovato comprerò dei mobili, anzi la consegnerò a lei e che si faccia una bella collana di Murano, domenica vado da mio cugino, mi faccio imprestare la barca e ci vado assieme a lei.
Eccola là, la mia Annella, sull’uscio del sottoportico vestita col vecchio mantello del paron de casa che si mette di solito quando fa freddo. E’ molto esile ma bella. Sono eccitato e contento, adesso gli faccio la sorpresa.
“Ciao Annella…”
“Ciao Piero”
“Dai, abbracciami…”
“Che cos’hai Piero? Ti vedo strano, non toccarmi, possono vederci…”
“Ma ormai lo sanno tutti che ci dobbiamo sposare!”
“Si, e se non mi eleggono una Maria, sai che figura?”
“Al diavolo! Senti qua che cos’ho!”
“Che cos’é? Dai non fare lo stupido…un pugnale?”
“Ma no, è solo il fodero, qualcuno dovrebbe averlo perso. Era ai piedi del ponte…”
“E allora torna indietro e vedi se c’é qualcuno che lo sta cercando. Vai e torna subito!”
“E va bene, adesso ti faccio contenta ma poi mi dici se hai finalmente deciso di sposarmi…”
Sono arrabbiato, cosa crede che io sia? Ecco il ponte…ma aspetta…quello cos’é? Un mucchio di stracci? C’è troppo buio, la luce qui non arriva. Un uomo, un ubriaco. No, c’é del sangue attorno…hanno ammazzato qualcuno. Il sangue è rappreso…vuol dire che è morto da tempo…assassinato! Ha un pugnale sulla schiena…ed io ho il fodero ancora in mano…aspetta, lo rigiro…fosse ancora vivo…ma chi è? Il conte Guoro, Alvise Guoro…il cugino della signora Barbo, la padrona di Annella.
“Chi sei? Che cosa fai col fodero in mano?”
“Signora…qui hanno ammazzato qualcuno! E’ il conte Guoro.”
“E cosa ci fai là…Piero Fasiol? Piero el forner…proprio te? Scappa, scappa!”
“Ma signora…Oddio, è meglio che vada subito da Annella e mi pulisca…sono tutto sporco…”
 
II
“Corri, corri, scappa! Fuggi dalla tua Annella. Barbo è uno dei Dieci e gli sbirri non possono certo entrare a casa sua!”
“Che cos’hai Piero, sei tutto sporco di sangue…”
“Hanno ammazzato Alvise Guoro ed io per vedere chi era e se era vivo l’ho rigirato e mi son sporcato…in quel momento mi ha visto la siora Nineta e anche il marangon.”
“Siediti, siediti Piero e bevi un po’ di latte”
“Buongiorno signora Barbo…ecco signora…stavo per venire a trovare Annella e ho trovato un fodero…lei mi ha detto di andare a vedere in giro se c’era qualcuno che l’aveva perso e…ho trovato Missier Guoro vostro cugino disteso a terra pugnalato…”
“Calmati, Piero..ma chi bussa alla porta?”
“Signora…sono le guardie, la ronda dei Signori de Notte…le faccio entrare”
“Buongiorno signora Barbo. Suo cugino, Alvise Guoro, è morto assassinato. Sarebbe meglio che prenda la sua gondola e avvisi vostro zio della disgrazia”. “E lui deve venire con noi”.
“Ma…ma..io non c’entro…adesso vi racconto…”
“Sei tutto sporco di sangue. Io non posso portarti a palazzo se non di tua spontanea volontà. Ma ti consiglio di venire…io non ho un mandato ma ti hanno visto chino sul corpo e sarà la famiglia Barbo a rispondere perché ti hanno protetto.”
“Tanto sono innocente, cosa potranno farmi se non credermi nella parola…io sono sicuro di non aver fatto niente…La giustissia me farà giustissia”.
“Ecco che si parte, si gira a destra per la calle della Mandola, poi il ponte della Cortesia…il campo di S. Paternian…quante volte ho giocato alle sconte. Quanta gente c’é che si ferma nel loro lavoro…già, qui mi conoscono tutti”.
“Un attimo gendarme! Guardate bene questo giovanotto! La sua barba rossiccia non è finta…tiri qua. Questa barba è sua! Non è come tanti malandrini che se la mettono finta per nascondere le malegrazie”.
“Si scosti, signora! Dobbiamo portarlo a palazzo!”
“A palazzo…chissà dove mi porteranno…nei piombi che ho sempre sentito parlare? Nei pozzi? Nelle segrete? Nelle prigioni che sempre si sentono nominare ma che nessuno ha mai potuto raccontare…Dio! No! La tortura! Non mi faranno mica la tortura! Nell’oscurità più assoluta mi interrogheranno e mi domanderanno se sono stato io ad ammazzare il Guoro…”
“Ecco, siamo in calle dei Fabbri, senti come battono sugli incudini. Adesso facciamo il ponte dei Dai e arriviamo in piazza. Eccoci arrivati. Il palazzo ducale, la porta della Carta.
“La strada non è stata lunga, ci siamo arrivati subito. La porta è piccola. Sono fortunato, sono solo. Ma che freddo che fa qui dentro…è molto umido e freddo. Allora questi sono i pozzi. Io dentro i pozzi…mi sembra impossibile! Solo stamattina ero da Annella per domandare che si sbrigasse a sposarmi e adesso sono qui al buio…Mi no go fato gnenteeee!”
“Silenzio! Qui tutti sono innocenti!”
“C’é qualche povero diavolo come me nella cella accanto”
 
III
“Nel buio non riesco a capire neanche se è giorno o notte, riesco a malapena regolarmi con il suono delle campane del campanile di San Marco. A Venezia non è come nelle altre regioni d’ Europa, non è la mezzanotte l’ora principale di tutto il giorno, la prima ora di notte varia con le stagioni: a metà dicembre è all’ora del tramonto (16,45 n.d.S.) e in pieno giugno è più tardi (dopo le 21). L’ora giusta è a mezzogiorno tutto l’anno. Anche l’inizio dell’anno è legato alle stagioni. I primi giorni di primavera segnano quindi l’inizio dell’anno nuovo”. “Il trascorrere del tempo…mi regolo coi botti del campaniel…coi rintocchi dei mori…”
“Sento dei passi, si fanno sempre più vicini, no…tornano indietro…si fermano davanti la mia cella…forse c’é qualcuno che mi cerca, che mi viene ad avvisare della mia innocenza. Annella! Sior Barbo!”
“Piero, sei stato tu ad uccidere Missier Guoro? Cosa ci facevi sul ponte? Che rapporti avevi? Sapevi altre cose riguardo lui? Cosa centra Annella con tutto questo? C’é qualcos’altro che vuoi dirmi?…”
“Ma sior Barbo…io non ci capisco niente, non mi da neanche il tempo di rispondere…non c’entro io con ‘sta storia, non so’ niente di quello che mi ha domandato…non ho ucciso nessuno io…ero andato solo a trovare Annella…”
“Si, Missier…Piero non c’entra niente, sono stato io a mandarlo a trovare chi poteva aver perso il fodero del pugnale…Alvise Guoro era un poco di buono, aveva strane faccende con molte donne, non era ben visto da nessuno, era antipatico e un donnaiolo, faceva ben vedere a tutti che era ricco e che coi soldi poteva risolvere molte cose, chissà, forse, sarà stato qualche marito tradito ad ucciderlo…”
“Annella, ma sai molte cose su di lui! Come puoi saperle ‘ste cose? Hai forse fatto qualcosa con Alvise? C’entra la sua influenza sul farti avere la dote delle Marie?
“Ma Piero! Se pensi che io abbia fatto qualcosa allora io sono venuta qui per niente. Devi fidarti di me e non pensare male!”
“E va bene, scusa Annella, scusi Sior Barbo…”
“Se non trovano il colpevole vai dritto dritto in Quarantia Criminal, ti conviene confessare di essere stato te ad uccidere Alvise”.
“Ma io non c’entro sul serio…ho trovato solo il fodero per terra e il corpo steso sul ponte…”
“Allora devi decidere: o confessi, o ti torturano, o scappi con noi questa sera stessa!”
“Va bene, sono pronto”.
IV
“Come volete, sior Barbo. Ma come si fa ad uscire da qui? Io sono riconosciuto da tutti!”
“Vieni qui, sotto il mio mantello, è rischioso ma non vedo altre alternative. Fuori c’é nebbia e questo ci aiuta”
“Dio mio, sono innocente e sto per scappare dalle prigioni di palazzo ducale, ho tutta una confusione in testa…”
“Dai, toso, vien qua e inbòscate soto. Faremo poca strada sotto il mantello, poi ti nasconderai qui vicino dove ti dirò”
“Di nuovo fuori…mi sembra impossibile ma strano…strano anche a dirlo”
“Guardie, qui!”
“Ecco, procediamo bassi bassi, il soffitto basso ci aiuta a nascondere Piero così messi”
“”E’ un tempo pessimo signora guardia, questa nebbia, l’umido…”
“Eh si, Missier. Davvero una brutta notte”
“Eccoci nel cortile di palazzo…che male che si cammina in questo modo…adesso usciamo dalla porta della Carta…”
“Forza, camminiamo fuori dalla piazza, infiliamoci qui in questa calle…”
“Buona sera Missier, serve?”
“No grazie sior codega, anzi venga qui, Annella dagli un soldo…sior codega, siamo già arrivati…”.
“E’ meglio tenerseli buoni i codega. Ogni mattina devono andare a rapporto a palazzo e informare a chi di dovere cosa fanno di notte i nobili, i commercianti e i foresti”.
“Eccoci qui, Piero. Adesso ti spiego. Tu ti nasconderai al fondaco dei tedeschi”.
“Ma Missier…”
“Zitto! Ora ti imboscherai finché è notte fonda poi, per calli poco frequentate, andrai al fontego. Hai la barba rossa e ti confonderai con loro. Devi essere da quelle parti prima che la marangona suoni la mezzanotte. Passerai dalle parti di San Giovanni Grisostomo, ad un certo punto sentirai una gran confusione di una baruffa tra le puttane della zona. Quello sarà il momento in cui ti infilerai nella porta dell’ingresso del fontego”.
“Ma sarà pieno di sbirri!…”
“Appunto, e tutti accorreranno verso S. Bortolomeo per vedere!”
“Ma è sicuro il fontego?”
“No, sicuramente! Ma le persone che ti accoglieranno sono persone fidate che ti metteranno al sicuro”.
“Il fontego dei tedeschi era stato distrutto da un incendio due anni fa e in questi giorni lo stanno finendo, ci sono tutti i blocchi di pietra d’Istria accatastati e molto legname…forse mi nasconderanno là. I tedeschi per costruirlo avevano richiesto poca manodopera locale e i veneziani si sono arrabbiati con loro che li avevano isolati ancora di più…si dice che vivono nel silenzio più assoluto come fossero in un convento. Le puttane non possono andare con loro a meno che non vengano pagate dalla Serenissima per spiarli…Lì sarò al sicuro”
“E poi, Piero Fasiol, sono o non sono a palazzo? Via, via! Non c’é tempo da perdere! Corri!!
 
V
“Ho una fifa, qui, tutto solo, nel buio, appena scappato di prigione, nella nebbia…dovrei trovarmi tra San Marco e Santa Maria Formosa…i mori battono la terza ora di notte e mancano ancora tre ore prima che debba entrare in fontego…è troppo presto, dovrei nascondermi tra calli e callette ma…io non sono di questa zona, sono di S.Angelo…non conosco che la strada principale, o almeno quella che si fa di solito…
E’ meglio evitare Santa Maria Formosa, almeno il campo, là ci sono troppe puttane e potrebbero vedermi…
Ecco, sentile…dovrebbero contrattare i clienti sotto l’occhio vigile degli agenti della finanza…una percentuale va al governo…e in più devono far bere vino quanto più non possono ai foresti, visto che il vino è supertassato…
E’ buio, accidenti…da che parte vado? Adesso c’é un ponte…rischio di cadere…il ponte è storto, devo salirlo a carponi…sento odore di legno, legno bruciato…dovrei essere il calle Casselleria dove, se non ricordo male, l’anno scorso è avvenuto l’incendio perché ha preso fuoco il laboratorio delle casse…adesso, se giro a destra vado dritto dritto a Santa Maria Formosa ma se giro a sinistra vado per la salizada San Lio…ma si, adesso ricordo, vado alla chiesa e giro a destra per S. Giovanni Grisostomo e poi al fontego.
Sento delle voci, adesso mi riparo qui vicino all’impalcatura della chiesa…è un codega con 3 persone…aaiiihh! Una scheggia! Dio che male…è meglio che stia zitto, fa un male boia ma il codega è vicinissimo…meno male che il codega ha la torcia e non la lampada, ora c’é nebbia e si vede meglio con la torcia…ma non vede negli angoli bui dove sono io…si stanno allontanando. Che male…è freddo…aspetta sento i rintocchi dei mori…uno, due…si stanno riavvicinando un’altra volta, il codega…anzi no…tre…ma quanti rintocchi hanno fatto i mori, ho perso il conto…
Adesso i mori battono ancora…uno, due, tre, quattro…ancora due ore. E’ meglio che vada avanti, adesso giro a destra e dovrei trovarmi sul ponte, sul ponte dritto, sono sicuro…ma cosa calpesto? Cosa mi scricchiola da sotto i piedi? Sabbia? Dovrei essere in corte Sabbionera, sono sulla strada giusta.
Adesso proseguo, non sono poi tanto distante, potrei starmene in corte potendo trovare riparo da occhi indiscreti dietro i sacchi di sabbia ma se vado avanti potrei avvicinarmi ancora di più, trovare una luce di qualche malvasia e levarmi la scheggia che mi fa un male…
Sento delle voci da lontano, non dovrebbero essere tedeschi, quelli sono chiusi dal tramonto ormai…sono dalla campagna: Padova, Treviso…vanno dalle parti di San Bortolo a farsi fregare i soldi dalle meretrici. Già, le meretrici. Dovrebbero fare un putiferio tra un ora o due, come ha detto il Barbo.
Ecco stanno già iniziando a fare baldoria, stanno gridando…ma come…non mi sembra siano passate già due ore…ma il Barbo è stato chiaro: faranno un putiferio, e quello sarà il segnale! Devo fidarmi! Devo entrare in fontego il prima possibile…
Eccomi…strano, busso alla porta ma non apre nessuno…la porta dovrebbe essere aperta per me…accidenti! Le puttane non fanno più chiasso…è ritornato il silenzio…”
“Cosa fai qua? Ma…ma…el xe el fornareto…l’ho portato in galera stamattina!”
 
VI
“Questa è cosa grossa! Non si scappa dai pozzi per rifugiarsi dai tedeschi…è una spia!”
“E’ meglio che me ne stia zitto qui, mi fa un male boia la mano…la scenata delle puttane non era quella che mi aveva avvisato Missier Barbo ed io sono arrivato in fontego almeno un’ora prima…”
“Riportiamolo a palazzo per le mercerie!”
“Adesso si che sono colpevole…sono scappato da prigione, mi hanno preso, mi fa male la mano e ho freddo…”
“Dovrei aver preso sonno…qui nel buio…la mano mi pulsa e mi fa sempre più male…saranno passati due giorni da quando mi hanno rinchiuso qui al freddo nell’umidità dei pozzi di palazzo ducale. Due giorni senza mangiare…non mi sono mai sentito così debole…non ce la faccio neanche a raggiungere il tavolato di legno per non sentirmi tutto quel bagnato sul corpo. Le campane…questa dev’essere la trottiera, la campana del campanile di San Marco che chiama a rapporto i consiglieri nei loro cavalli per riunirsi in palazzo”.
“Eccoli lì, seduti in quelle scomode panche, tutti di rosso, tutti uguali…e se decidono loro, il doge non può far niente, non ha mai potuto far niente. Il doge Loredan mi conosce, gli portavo il pane una volta. Chi arriva adesso? Una ragazza con dei zecchini…”
“Signori, questi sono i zecchini trovati sotto il letto della morosa del fornareto”
“E lei cos’ha detto?”
“Niente: quelli del popolo o strillano o non riescono a parlare”
“Per quel che ne so i soldi li può aver messi chi li ha trovati o averne aggiunti”
“Prove? Abbiamo visto che il fornareto è riuscito a scappare di prigione, quel giorno era sporco di sangue, il marangon lo ha visto disteso sul corpo dell’assassinato e con se aveva il fodero del pugnale: la sentenza non può essere che di morte. Gelosia? No, calcolo! Calcolo per denaro contro un nobilhomo. Ho finito”.
“La mano, la scheggia che mi si è conficcata quel giorno sull’impalcatura di S. Giovanni Grisostomo…adesso questo è quello che mi preme…non sento niente di quello che dicono questi signori…ecco…ecco…adesso viene fuori…eccola, maledetta!”
“Piero Fasiol, fornaio di San Paternian ha confessato di aver ucciso il nobilhomo Alvise Guoro”
“Signori alla votazione! Basta solo un voto in più per condannare il fornareto”
“A che ora?”
“Quando spunta il sole, ha detto il doge.”
“Povero fornareto, non per la testa che gli taglieranno, ma per sapere che morosa aveva…già, cornuto…”
“E’ freddo, non c’é più la nebbia…dovrebbe essere il borìn da Trieste quello che ha fatto sparire la nebbia…quanta gente…stanno assistendo ad un bel spettacolo…ed io ne sono il protagonista. Io, Piero Fasiol pistor de San Paternian tra le due colonne di Marco e Todaro. Mi hanno rasato e per giunta tagliuzzato con la lama…ecco il patibolo. Il boia con la sua mannaia mi dividerà la testa dal corpo. Il doge Loredan al primo piano del palazzo ducale darà l’ordine. Qui dall’alto si vede molta gente…ecco…è il momento: non passerà un anno e tutti quelli che mi hanno condannato saranno morti”
“Giustizia è fatta”
“Nooo!”
 
FINE
 
ZONTA: Storia o leggenda? Chi lo può dire? Cosa diceva il popolo di Piero? Anche là tutti erano divisi tra decidere se era innocente o colpevole. Quelli di S. Angelo lo difendevano perché abitava dalle loro parti, una zona ricca, le strade erano quasi tutte lastricate e con molti pozzi da cui attingere l’acqua potabile. Altri difendevano Alvise Guoro e condannavano il fornareto perché, anche se era “un porco profumato”, abitava ai Santi Apostoli, una zona lontana da San Marco e perché apparteneva ad una nuova ricca famiglia che spendeva e spandeva i propri denari donando soldi a chiese e conventi, che offriva posti di lavoro, forniture alimentari. In più, anche se affievolito, v’era il famoso astio tra nicoloti e castelani: il canal grande, tagliando a metà Venezia, era un confine campanilistico (tra nicoloti da San Nicolò dei Mendicoli, la chiesa verso Santa Marta e castellani da Castello e quindi dalla parte opposta). Nella zona di Rialto c’era la pescheria e l’erbaria e nella zona di San Marco c’erano i pistori o fornai e il pane era considerato l’unico tipo di distribuzione alimentare indispensabile mentre il pesce lo potevi pescare da te come fosse un passatempo. Essere contro il fornareto (e non Piero Fasiol) era un “dovere”.
Chi fu quello che gridò il “Nooo!” dopo aver sentito il silenzio che precede il taglio della testa di Piero? Fu un servo di casa Barbo che si faceva largo tra la folla assiepata in piazza bestemmiando e imprecando con la notizia che Lorenzo Barbo aveva confessato alla moglie di essere lui l’autore (o il mandate) dell’omicidio di Alvise Guoro.
E della maledizione del fornareto? Annella fece una squallida fine, il Barbo non fu processato né condannato ma morirà soffocato dal cibo a tavola durante una discussione politica, il doge, vecchio e malato, vivrà fino a 86 anni, 8 anni dopo il Barbo. Garzoni, l’antagonista politico di Barbo che si pronunciò sulla assoluta colpevolezza di Piero nel processo di palazzo fu pugnalato sotto la torre dell’orologio. La signora Barbo, padrona di Annella, morirà lo stesso anno della decapitazione di Piero (1507) colpita da una broncopolmonite fulminante.
 
CONCLUSIONE: Come tutti sanno, dal giorno della morte di Piero, ad ogni fine udienza processuale della Serenissima la frase che veniva detta era “Ricordeve del poaro fornareto” a monito di ingiuste condanne. Cosa resta ancora della vicenda? Le due fiaccole rosse (ora 2 lampadine da 40 Watt) perennemente accese sul lato a Sud della Basilica, due fiaccole poste proprio di fronte al patibolo. Anche se qualcuno dice che sono accese a ricordo di un’altra vicenda.
 
Vicino a dove è iniziato il fatto
Ecco il rio terà com'é adesso. Notate la cavana (ingresso della casa da mare) che adesso risulta una porta normale
L'interno del fontego dei tedeschi
Le due luci rosse
Marangon: falegname.

San Paternian(o): chiesa ormai scomparsa. Il campanile, al centro dell’attuale campo Manin, aveva la particolarità di essere stato l’unico campanile di Venezia con cinque lati.

Codega: persone che, con una lanterna in mano, facevano strada nelle calli buie di Venezia. In questo modo si evitava di finire in acqua, di lordarsi nelle molte pozzanghere d’acqua ancora presenti nella Venezia del ‘500 quando molte strade non erano ancora lastricate, di pestare escrementi non solo di cane ma anche di cavallo e maiali, oltre che smarrirsi.
 
Marangona: la campana più grande del campanile di San Marco.
Ecco il rio terà com'é adesso. Notate la cavana (ingresso della casa da mare) che adesso risulta una porta normale
La strada che ha fatto Piero in quella notte. Giù dal ponte e sotto il portico nella corte del Milion nascosto tra i sacchi di sabbia.
Durante lo scavo della pavimentazione del molo in piazzetta San Marco si è arrivati a raggiungere il pavimento sotto e la base in marmo del patibolo dove venivano giustiziati i rei tra le due colonne come Piero.

Calle della Mandola. Tra campo S. Angelo e campo Manin. In quella calle v’era una malvasia (o osteria) deve si vendeva grappa alla mandorla.

Ponte degli assassini: deriverebbe dall’hashish che consumavano gli assassini del tempo.

Cesendoli: non essendoci ancora l’illuminazione pubblica, i cesendoli erano l’unica luce che rischiarava certi posti poco sicuri di Venezia.
 
Maria: essere una Maria vuol dire essere tra le 12 fortunate scelte a ricevere una ricca dote dallo Stato della Serenissima. Una tradizione veneziana per centinaia di anni.
 
Corte Sabbionera: ovverosia corte del Milion perché vi abitavano i Polo ma Piero si ricordava ancora il nome originale.
 
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