START | Veneziani | Modi di dire veneziani

  1. Ma no ti gà na casa ciò?! : frase ideata da un simpatico signore di bassa statura proveniente dalle campagne vicine a Venezia; venditore di piante che, dice, provengono dalle sue terre. Invita la gente a comprarle facendogli notare che, se hanno una casa di loro proprietà o in affitto, devono per forza abbellirla con una delle sue piante. A Venezia si usa dire questa frase in molti casi: per salutare un caro amico, per dirgli come va, per dirgli che sarebbe ora di finire di lavorare e che sarebbe ora che tornasse a casa. La si usa anche in stadio contro i tifosi della squadra avversaria. Una piccola aggiunta: mi è data notizia che questa frase non sarebbe propria del signore di bassa statura ma plagiata. Un edicolante in campo della Guerra, vicino a San Marco, lo redarguiva in questo modo gridando appunto “ma no ti gà na casa, cio?” per invitarlo a andare via dalla zona in modo da non rompere i coglioni con le sue proposte di acquisto. Vuoi sentirlo? Vai nella pagina dei Download.
  2. Oii! : a Venezia lo dicono tutti. Dal gondoliere che avvisa la sua presenza all’ incrocio di un rio (variante: “Aooe!”), alla persona che vuole fare baruffa, come saluto ad un amico caro e a quello che sta per arrabbiarsi.
  3. Andemo vedere cossa fa el marco. Si usa per congedarsi da qualcuno dicendo una frase buttata là ma con un doppio significato: andiamo a vedere (in un ufficio cambio) quanto viene valutato il marco tedesco (adesso non più usato per l’uso dell’euro) ma allo stesso tempo, scherzosamente, si vuol anche dire di andare a vedere cosa fa l’amante (il “marco”) a tua moglie.
  4. Sìe ore ea cresse, sìe ea càea. Ogni sei ore l’acqua entra dal mare alla laguna per poi ritornarci. Questa è una frase che viene detta a chi, per esempio, si arrabbia perché a lui va tutto storto: lo si consola dicendogli che per quanto gli vada male prima o dopo sicuramente gli andrà bene. Per lo stesso motivo per chi si gongola troppo della sua fortuna.
  5. Sàpa piàn e spènsi (s di rosa) guaìvo. Sapa da calpestare e spènsi da spingere. Lo si dice ad una persona che piano piano inesorabilmente mette in atto qualsiasi cosa aveva in mente di fare anche a danno di altri.
  6. …el vien dal Garda. I classici temporali violenti che avvengono nel Veneziano provengono quasi tutti da ovest. Cielo terso, poi sempre più grigio, caldo afoso, brezza in crescendo, colpi di vento, nuvolone nero, verde e poi pioggia a dirotto. C’è qualcuno che dice che provengano tutti da quella direzione. Io sono stato in gita al lago ed ho domandato ai locali il punto esatto: mi hanno risposto da dietro quelle montagne, sono andato sulle montagne e…
  7. Bisogna veder sel mar riceve o se el torna indrìo. Sempre di carattere meteologico questa frase significa che le previsioni sono previsioni e non certezze e quindi quando il maltempo va da ovest verso est e quindi verso il mare Adriatico si spera che “non torni indietro” e si sfoghi in mare e non a Venezia. Questa é anche una scusa per quelle persone famose per essere dei meteorologi perfetti: come Sibilla si ha sempre ragione.
  8. Ma te vien dal Dòeo? Ad una persona che non è tanto sveglia. Dolo è un paese vicino a Venezia dove non è assolutamente vero che ci siano persone così. Ma va bene lo stesso.
  9. Al Dòeo eò gà mòeo e àea Mira ‘lghè tira. Frase tipica tanto per fare la rima infatti: non è vero che a Dolo tutti i maschi ce l’hanno moscio come non è altrettanto vero che a Mira ce l’hanno tutti in perenne erezione.
  10. Seghenè. La frase completa sarebbe “se ghe nè el magna e se no ghe nè nol magna”. Rivolto ad uno scansafatiche che non si dà tanto da fare per guadagnare e quindi a spendere i soldi per mettere qualcosa sotto i denti .
  11. Eà gà visto piú cassi èa che i cessi de S.Bòrtoeo. Detto ad una donna di facili costumi. Vicino al campo S.Bortolo ci sono dei gabinetti pubblici, e chi fa la pipi lo mette in mostra.
  12. Sù e sò come eà pee del casso. Quando uno va a zonzo inutilmente questa è la giusta frase da dire. Infatti, in modo spregiativo, anche la parte esterna del pene, sia quando si ha un rapporto sessuale sia quando ci si masturba, si muove avanti e indietro.
  13. Se no ghe fosse el ponte el mondo sarìa un’ìsoea. Il ponte è quello “della libertà” e collega la terraferma con Venezia. No comment.
  14. Luna sentàda marinèr in pìe. Quando la falce lunare è rivolta vero terra è sintomo di bel tempo e quindi il marinaio può stare in piedi nella sua barca, altrimenti se il tempo è brutto e c’è onda deve restare giù.
  15. Ae porte dell’ospeàl. Quando uno sta molto male non lo si consiglia d’andare dal dottore o all’ospedale ma “ae porte dell’ospeàl”. Lo si intima anche al bambino capriccioso quando non ascolta i genitori e rischia di farsi male.
  16. El rusa, ea rasa…: Modo di dire che significherebbe d’aver colto in fallo una persona che ha appena scoreggiato o preavvisare simpaticamente la propria pernacchia. La frase intera é un indovinello: “ea rusa, ea rasa, ea va in giro per casa, nissuni ea vede ma tuti ea sente…cossa se?”.
  17. Va eà! Petacoche!: Petacoche va inteso come una persona infantile che la tira per le lunghe.
  18. Dal Trasto àea sentina: Il trasto è la parte superiore di una barca e la rende solida; la sentina è la parte inferiore. La differenza di essere seduti sul trasto e seduti giù in sentina signicherebbe in pratica “cadere dall’alto in basso”.
  19. A paiòl: “andar a pajol” significa cadere nel pagliolato ed è quando uno è ubriaco a tal punto che non si regge in piedi. Anche se adesso bonariamente lo si dice, soprattutto tra i gondolieri, a qualsiasi che inciampa e cade per terra.
  20. Nome che…: Rafforzativo di una frase. Es.:”cò stì tempi che va via gavémo nome che miseria” (di questi tempi abbiamo solamente miseria)
  21. “Ma ti gà el moreto a casa?”: significa domandare se a casa uno è abituato o no d’avere il servo di colore che che lo sostituisca nei gesti di costesia. Questa frase viene normalmente detta quando uno lascia la porta aperta (per es. aperta la porta del vaporetto lasciando entrare aria troppo fresca)
  22. Primo, secondo e Capodistria: Il primo è il primo canale della Rai, il secondo è il secondo e Capodistria sarebbe la prima rete televisiva vista dopo quella nazionale. Oltre ai cartoni animati di “Gustavo” ci si rammarica di non essere mai riusciti a vedere le donne nude che si diceva fossero presenti a mazzi ogni notte.
  23. Palco, sorapalco e musica in platea: il complesso sistema, macchinoso di un’opera teatrale è pagagonato qui ad un’abbigliamento altrettanto rindondante della persona a cui è indirizzata la frase. (Quando uno gà sentomìa mage).
  24. Chi dise ma in cùeo eò gà: chi è in dubbio se lo prende sempre in quel posto. Lo si dice quando una persona comincia un discorso con un “ma…” in sospensione.
  25. Perderse par’l caìgo: quando uno fa tardi ad un appuntamento probabilmente è perché ha trovato la nebbia.
  26. Pantaeòn sé in chèba: i soldi ormai ce li hai in tasca.
  27. Un alto e un basso fà un guaìvo: se ne nella vita una volta va male, un’altra volta andrà bene e perciò avrai pareggiato.
  28. Impissa eà ‘uce! Gavemo da star tanti ani al scuro: Accendi la luce! Abbiamo tanti anni da passare al buio (sottoterra). Lo si dice tante volte quando uno, al crepuscolo per esempio, o per risparmiare o perché non ci fa caso si dimentica di accendere la luce.
  29. Magna e bevi che eà vita se un lampo: approffitta, mangia e bevi che la vita è breve e dopo non potrai più godertela a questo modo. No alla dieta, dunque.
  30. I te porta da Capeeti: frase di qualche tempo fa. Il Prof. Cappelletti era un famoso medico dei pazzi che esercitava a Venezia.
  31. Ma ti vien da Maroco? (o da S.Sèrvoeo o da S.Clemente). Sono tutte ( o lo erano) sedi di manicomi provinciali.
  32. Che togo! Famoso fino a pochi anni fa, si riferisce al celebre ammiraglio giapponese che sbaragliò la flotta russa nella grande battaglia navale degli stretti di Tsushima. Detto di cosa meravigliosa. Varianti: “Che figo!”.
  33. Da novéo tuto se beo: detto specialmente nel rapporto tra fidanzatini novelli, dove sembra che l’amore sia infinito e che lo stato di grazia durerà inalterato per sempre.
  34. Nialtri semo altri teèri: il teèr è, ad esempio, il telaio della finestra. Detto di capacità di sopportare le magagne della vita perché, appunto, temprati dall’esperienza.
  35. Mimorti che Aristodemo stò omo: detto di persona prolissa. Usato dalle donne nei confronti del marito quando prolunga la discussione con una lunga polemica.
  36. Che Dio te mandasse pan, pesse e un spin in cùeo che te saltassi alto come un cavàeo: che il Signore ti doni di che sfamarti (pane e pesce) ma che, digerendo il tutto, almeno uno spino ti buca il buco del culo e che sentendo molto dolore, tu faccia un salto così alto solo come un cavallo può farlo. Invece di “Oh bella, ma guarda un pò”.
  37. Cò l’acqua riva aea gòea anca i stronsi nua: quando le difficoltà stanno quasi per avere la meglio, chiunque (anche uno stronzo) trova la forza per reagire.
  38. El se partìo cò toe e cavaeti: detto di persona che assume improvvisamente un comportamento tanto anormale da sembrare rasentare la follia.
  39. Vado a coionar i orbi: vado a prendere in giro i ciechi. Vado a dormire.
  40. El se entrà e i o gà portà fora in quatro: è stato ricoverato in ospedale e subito lo hanno portato fuori in quattro (becchini). Si è deciso ad entrare in ospedale…troppo tardi.
  41. No se pol morìr de san: nessuno muore di “sano”, di qualcosa bisogna pure ammalarsi e morire.
  42. Descanta bauchi,sveia macachi: quando uno commette un’accortezza che se la poteva risparmiare.
  43. Ciò, ciapa! Mètitio in soasa: Eccotelo. Mettitelo in cornice. Sottoliineare l’altrui seriosa affermazione (da incorniciare) con sarcasmo, alludendo così alla pratica innutilità o alla leggerezza del concetto espresso.
  44. Te vegno eà e cò un morsegon te staco el lai: se vengo lì, con un solo morso ti stacco il fianco destro (il lai) della barca. Pittoresca maniera di iniziare una baruffa “nautica”, da gridare in piedi a pieni polmoni, vestiti in cannottiera e a braccia conserte, avendo peraltro cura di non accennare minimamente a spostarsi dalla propria barca.
  45. Far i gatini: vomitare dopo una gran bevuta di alcolici.
  46. Va remengo Garibaldi: Garibaldi ha “unito l’Italia del sud con quella del nord”, si usa dire. E a quelli del nord non va giù.
  47. Siera da scorese: avere una brutta cera.
  48. Rosegoto: pezzo di pane secco. Non vale niente e quindi…
  49. Baretta fracada: soggetto incazzato col cappello ben impiantato in testa fino alle sopraciglia.
  50. Cori zotolo: invitare qualcuno a togliersi dai piedi e lasciarlo andare dove vuole lui.
  51. Mandoeòn: persona un po’ indietro di comprendonio o anche qualcuno di alta statura ma molto giovane (sembra un adulto ma è ancora un bambino con tutto il suo modo di fare).
  52. Corighe drio ti…: quando non vale la pena di fare qualcosa in cui si debba far fretta si lascia andare avanti un altro a farla tanto non si perde niente.
  53. Magnime el bàgari: invitare qualcuno a cibarsi del nostro pene per evidenziare la nostra fermezza di non ottemperare a quel dato inutile, e probabilmente rischioso, bisogno.
  54. No go anda: non avere anda significa non avere voglia.Andar a torsio: andare in giro inutilmente senza combinare un gran ché.
  55. Man sgorlando: a mani vuote. Es: quando uno va ad ricevimento e non porta niente
  56. Cò sti ciari de luna: con questo andazzo…
  57. Vanta el nono: sostieni il nonno altrimenti cade. Lo si dice prendendo in giro il vecchietto “ammorbidito” dagli anni, che sta barcollando dal sonno o che, camminando, prosegue a zig zag mezzo ubriaco. Deriva da una famosa barzelletta. “C’era una volta un vecchio attorno a della gente. Stava seduto mezzo moribondo ad una sedia pendendo verso destra. Preoccupati, lo misero dritto. Il nonno comincia a cadere verso sinistra e gli altri: “Vanta el nono!” mettendolo di nuovo dritto. E ancora verso destra: “Vanta el nono!” Alla fine il nonno si rese lucido esclamando “Ma me assè scoresar, si o no?” (lett. Ma mi lasciate scoreggiare, si o no?)”. Fa molto ridere quando questa frase la dicono il gruppetto di gondolieri rivolgendosi al classico vecchio americano magrissimo, altissimo e ricchissimo che avanza tremolante pieno di macchie sul viso e il cappellone da cow boy.
  58. Come un musso in mezo ai lampi: disorientato.
  59. Come un coeombo nel granèr: appagato, soddisfatto, sicuramente non stressato.
  60. Se o cavémo dale stròpe: togliersi qualcuno di torno.
  61. ‘ndar co a mona sui copi… cadere rovinosamente a terra, tanto che le gambe vengono lanciate verso l’alto. Per esteso si può usare per indicare qualcosa che è andato storto.
  62. a siora Zanze (xe deboe de suste)… indica, secondo una vecchia canzone popolare, una signora che si deve continuamente recare al gabinetto per espletare un bisogno fisiologico. Per esteso indica una persona che non sta mai ferma un attimo.
  63. far ‘a bea: tagliare la corda, scappare in modo scaltro soprattutto per evitare una persona sgradevole o un lavoro faticoso.
  64. petacoche: si usa per indicare una persona che si lamenta sempre anche per futili motivi
  65. te staco i brassi e te ‘i meto in man: non so se sia un’espressione usatissima, ma da quando l’ho sentita dire in una rissa tra due ubriachi è diventata la “minaccia tipo veneziana”: sbruffona e comica, ma sostanzialmente innocua.
  66. far ‘e gatorisoe (gatorigoe/gatarigoe): fare il solletico
  67. bisato da braga: il bisato è l’anguilla, la braga i pantaloni… lascio a voi l’accostamento e cosa esso specifici
  68. Molton: si dice di una persona “che no ghe riva”, ovvero non dotato di un’intelligenza molto sviluppata.
  69. Avér (o pretèndar) pòsso scàfa e cagaòr: possedere pozzo, lavello e gabinetto ovvero chi gode di estremo benessere o fortuna o pretende tutto molto per fare qualche cosa.
  70. Andarse a far ciavette: espressione generalmente usata dalle “signore” al posto della più volgare “Andarse a far ciavar” ovvero andarsi a fare benedire.
  71. Siera da bacan: essere molto abbronzati dappertutto. Detto per prendere in giro un amico che si immagina non si abbia preso delle lunghe ferie in zone paradisiache ma che semplicemente sia andato in barca in Bacan, la spiaggia della domenica dei veneziani.
  72. Mona fiapa: epiteto in uso fra le popolane per indicare donna che andasse a partorire in ospedale quando si usava farlo in casa.
  73. Varda che te tetteefono: segnalazione in codice adolescenziale di un bel paio di tette di passaggio.
  74. Gnanca par morte morir: giammai.
  75. Ghe n’ho ‘na sgionfa: sono stufo. letteralmente, indica il rigonfiamento testicolare di chi non ne può più.
  76. Ti xé pèzo de quea del peòcio: si dice di persona più che insistente e anche un tantino pignola che quando si attacca a un argomento o a una discussione non la molla più e magari la riprende quando gli altri stanno già pensando ad altro o la considerano finita, anche a distanza di tempo.
  77. …anca se’l deventa gransio (non importa)…: se uno promette un regalo a un altro e se lo dimentica sempre. La frase racconta dell’esempio che se ne può fare. Se uno si dimentica di portare una “moeca” (granchio in muta) questa si trasformerà in granchio col passare del tempo. E’ detto per ricordare all’amico il regalo promesso.
  78. Bona, bona ma tanto ignorante: frase che sottolinea la bontà di carattere di una persona che purtroppo però non ha potuto frequentare la scuola per motivi personali oppure per difficoltà di apprendimento.
  79. Se eà mudanda pesa, no gera massa ‘na scoresa: solo in apparenza si ha il controllo delle cose, spesso hai un progetto ma attenzione! l’imprevisto e’ dietro l’angolo.
  80. Senti che avàe de cùeo: quando una scoreggia ha una sonorità simile a brodo che cola dal sedere il risultato che ne consegue è dello sporco nella mutanda. E ci si lava.
  81. Va svodarte, va eà: Letteralmente “vai a svuotarti”. Invitare una persona che ha appena fatto una scoreggia particolarmente puzzolente al gabinetto. Evidentemente è “intasata” (stitichezza…) che quando l’aria fuoriesce dal foro anale il filtro di cacca è talmente saturo che l’odore risulta sgradevolissimo. Se la persona va di corpo più spesso al contrario la puzza si sente di meno.
  82. Avanti, forza per Murano…Murano…avanti per i forni…
    Modo di dire ideato da un intromettitore autorizzato in piazza San Marco indirizzato ad una coppia di turisti i quali hanno detto no alla sua proposta di portarli gratuitamente a Murano per vedere le fabbriche del vetro.
  83. Quacia, quacia: quatto, quatto. Quando una persona o un animale fa qualcosa senza farsi troppo notare. Es: “Aria, quacia quacia…” (Guardala, quatta quatta…). Se una donna tenta di superare la fila alle Poste tentando di dribblare persone distratte.
  84. Strasse e ossi da vender! Rivolto ad una persona troppo magra che non ha altro da “esporre” se non i suoi vestiti e le sue ossa.
  85. El conta e piere: persona che cammina (e in generale fa le cose) con una lentezza esasperante, come se stesse contando i mattoni del selciato veneziano.
  86. El gà el pevaròn: si dice al contrario di persona che cammina (e in generale) fa le cose con molta fretta e precipitazione, come se avesse un peperone (piccante e bruciante) infilato dove non batte sole.
  87. Mètighe un gran sua coa: a commento di un’intenzione o di un’impresa pressochè impossibile, come catturare un uccello “mettendogli un grano (di sale) sulla coda” appunto.
  88. Da eà cicara al piateo: cercare di comportarsi in modo raffinato senza riuscirci facendo brutte figure.
  89. Oriago (località vicina a Venezia, nella terraferma): più che spenso e manco cago. Mira (vedi sopra): ciapa un stronso e tira.
  90. Ti xé pèzo de quea del peòcio: si dice di persona più che insistente e anche un tantino pignola che quando si attacca a un argomento o a una discussione non la molla più e magari la riprende quando gli altri stanno già pensando ad altro o la considerano finita, anche a distanza di tempo.
  91. El vien da San Donà: un oggetto che “vien da S.Donà” significa che è stato ricevuto in regalo. Donà= Donato= regalato. A volte, quando si ruba qualcosa sopratutto di poco conto si usa dire che “‘l vien de San Donà”.
  92. Donna che si crede di essere chissà chi.
    Contessa Sboroni
    Contessa Pim pum batime el fioco
    Contessa Sboraciccioi
    Contessa Cagaalto
  93. Schèo fa oseo: rima indovinata. Indovinatela Voi.
  94. Cojoni de cani e schei de viani (o pori cani) xe sempre in mostra: chi è un “peocio refà” e che mostra a tutti che non è povero vestendosi troppo elegantemente o in altri modi.
  95. Ti gà più corni che in un sesto de bòvoi: Hai più corni in testa te (che tua moglie ti ha tradito) che un cesto pieno di lumachine.
  96. Tasi e muci. Rafforzativo di tacere e non parlarne con nessuno.
  97. Se anca scrito sul Lego. Rafforzativo di una frase. Il Leggo è il giornale gratuito distribuito negli imbarcaderi dei vaporetti. Siccome è gratuito lo leggono tutti e quindi “fa testo”.
  98. Sbonigoeà: con i vestiti in disordine, tipico di ghi ha la camicia messa male dentro ai pantaloni.
  99. Sbafarà, sbafarà fora: con il colletto aperto in malo modo, tanto da far vedere disordinatamente la “maietta dea saiute” o i pei del petto… Frase esemplificativa: no star cussì sbafarà, che ti ciapi na maiora (un malanno).
  100. Smemena: tangaròn, tàngara: schiaffone. Tipica la locuzione: te dago na smemena che el muro te ne da n’altra.
  101. Testa da batipai: persona non molto sveglia. La sua testa (essendo dura) servirebbe solamente da “soco” per impiantare i pali o paline nei rii.
  102. Oii, ma na pignata de….: invito a pensare agli affari propri. La frase intera invita appunto alla persona curiosa di cucinarsi su di una pentola una specie di “minestrone di affari propri”. La frase in dialetto talvolta viene completata così: “Oii, ma na pignata de cassassi tui no ti tia pol far?”
  103. Vardime, sogio ocio sto sporco?: (Guardami, sono occhio a questo sporco?) Accompagnato dal gesto di mostrare la pupilla staa significare: non penserai che sia così ingenua ?
  104. Ocio ai corni!: Affettuosa esortazione a chi sta passando sotto ad una porta bassa o, se in barca, sotto ad un ponte con l’alta marea (senza alcun giudizio morale su eventuali partner)
  105. Sangioto va in posso, va in piea, va in boca da me sorea: Quando si vuol far passare il singhiozzo. ” (Singhiozzo va nel pozzo, va in piea (quella specie di conca che c’è su tutti i gradini delle vere da pozzo e che serviva per abbeverare gatti e piccioni), va in bocca da mia sorella.
  106. Ti gà na testa che gnanca i porsei…: Anche se il maiale mangia di tutto non mangerà di certo la tua testa (che non capisce niente).
  107. Ti gà na testa da conso: cioè buona solo per fare il sugo per condire.
  108. Chi ea ga d’oro, chi d’argento e chi che ghe spua drento: Chi ce l’ha d’oro, chi d’argento e chi ci sputa dentro. Parlando di donne più o meno fortunate.
  109. MA’RRRRRRRRRRRRRRRIAVVVVVVERRRRGINE!!!!!!!!
    Maria Vergine. Tipica esclamazione, con molte “M” e “V”, delle vecchiette nell’udire qualche notizia brutta.
  110. El pianto rende: Quando uno piange dopo, per esempio, uno non ha preso nessun pesce ad un uscita di pesca.
  111. Pansa da ombre: Ventre voluminoso che si pensa sia aumentato a causa dei molti litri di vino ivi inseriti.
  112. Menego ongo: Persona molto alta.
  113. Ma tio gà comprà aea SME?: ma l’hai comperato alla SME? Per sott’ intendere un mobile di poco pregio e poco costoso. N.b: La SME è un grande magazzino a Marghera
  114. Chi va i monti, chi va al mare e chi…in mona da so’ mare: Detto all’amico che parte per le ferie con le valige.
  115. Beo come el sol: bello come il sole.
  116. Go’ eà puntata: La puntata è la puntata di una serie televisiva o di una telenovela. Avere la puntata significa tenere a vederla assolutamente. Cascasse il mondo.
  117. Ma da che parte el se girà? Detto rivolgendosi a chi è molto brutto d’aspetto.
  118. Dame un ciamo: chiamami (es. per telefono)
  119. Dame un buto: dammi un passaggio. (es. da una parte e l’altra del canale all’amico con la barca)
  120. El me par come ‘na butiglia de coca cola sguaratada. Assomiglia ad una bottiglia di una Coca Cola agitata. Indica un personaggio svampito.
  121. No ti se ogio per eà me saeàta. Non sei olio per la mia insalata. Non hai i miei stessi punti di vista.
  122. Ciaooo, ciao (con la o stretta). Saluto valido quando si finisce una conversazione al telefonino o si saluta l’amico che non si conosce più di tanto. (Provate a dirlo così com’é scritto e ricordate se lo dite anche voi…)
  123. De prepo. Di prepotenza. “Darghe de prepo” significa azzuffarsi con veemenza.
    …si, perché ti te ghe o dà ai coeòmbi! Si, perché, tu lo dai ai colombi. E’ la risposta che si da quando tuo amico ti dice che ti piace troppo il vino.
  124. Ciama eà ancia! Chiama una lancia(per portarti in ospedale)! Si dice quando uno si è fatto male ma che però tu pensi sia solo una montatura e che in verità non si è fatto niente
  125. Parfin dolse. Si usa per indicare un ottimo piatto. Il pesce appena pescato è “parfin dolse”, le zucchine appena colte sono”parfin dolse”.
  126. Tòltea in dolse. Modo di dire educato per mandare via qualcuno.
  127. Roto e sporco: quasi una benevolenza, quasi come dire briconcello…
  128. Usma/che usma: che “rottura di c…”
  129. Aver e tarzanee in cùeo: avere prurito sul di dietro per la presenza di piccoli resti di escrementi dovuti ad una poca accurata pulizia dopo l’essere andati di corpo.
  130. A ufete. A valanga. Es: “schei a ufete”= soldi a valanga, a palate.
  131. Omaniiiiiii!!! (Uomini): richiamo ad andarsene ai parenti o amici finita l’ora di visita all’ammalato.
  132. Contessa ti me ichi: donna di gusti difficili sempre pronta a lamentarsi.
  133. Stà o métite “alai”: siediti in contrappeso al gondoliere in maniera tale da controbilanciare l’assetto dell’imbarcazione in voga ovvero di vela.
  134. Te fàsso vedar che ora che se: Te la faccio vedere io! Deriva dall’ultima cosa che vedevano i condannati a morte tra le colonne di San Marco e cioè le ore della Torre dell’Orologio.
  135. Pasta e oche: poppiere del burchio (ovvero colui il quale svolgeva il maggior lavoro di indirizzo dell’imbarcazione ed allo stesso tempo imprimeva propulsione con il remo) necessitava di un buon sostentamento appunto: pasta e carne grassa come poteva essere quella dell’ oca!
  136. N’demo a la furatola a magnar?: furatola= ricovero commensale dei gondolieri (frugale) = luoghi sparsi in tutta la città dove si potevano consumare pasti a prezzo stabilito dalla congregazione e dalle scuole dei gondolieri, ai quali però poteva accedervi chiunque, diversamente da ritrovi di altre congregazioni. ( oggi di “furatola” c’è nè una sola in calle lunga san Barnaba… accomodatevi e sarete serviti di barba e capelli!)
  137. Contessa sboroni-baticasso-da-cìosa( durante e dopo il periodo napoleonico): “noblesse parvenue ” affibiato a consorti snob di qualche nuovo ricco = ciarlatana
  138. Coco bae e scoreza fighetti: ragazzo “smorfioso” tipo fighetta, cocco di mamma
  139. El tien so muger (o qualsiasi altra persona) come Santa iussia in bombaso: Tiene la moglie o la propria donna, o comunque qualcuno, come Santa Lucia nella bambagia.
  140. Me ga fato svanimento interno: mi son sentito mancare.
  141. Fiàr caìgo: continuare a tormentarsi inutilmente con pensieri foschi.
  142. Borsa dea Stànder: normale borsa in plastica chiamata della Stànder (Standa) perché quello è stato il primo supermercato di Venezia dove davano appunto le borse.
  143. Se rivà queo del formagio: deriva da “formaiea”. Un tempo, per conciare le pelli, si usavano cortecce di rovere. Dopo averle usate si lasciavano asciugare e poi pestate e usate come combustibile. Venivano chiamate “Formagee dea Giudeca” perché i conciapelli erano da là. E’ arrivato quello del formaggio significherebbe allora colui che batte le cortecce e quindi colui che ti pesta a dovere.
  144. ‘Ndar in serca del mal come i dotori: cercar rogne.
  145. Boca serada no ciapa mosche: chi non parla non ottiene nulla
  146. Co ghe zè e voze, ghe zè anca e noze:quando circolano voci, ci sono anche i fatti.
  147. A ocio no se va gnanca in mona: col pressapochismo le cose non si fanno bene, non si ottiene lo scopo voluto.
  148. Quando che el cul toniza, presto tempesta merda: quando il culo tuona, presto tempesta merda.
  149. Ti conti come el 2 de coppe co ‘ndemo a bastoni: non contare nulla.
  150. Ciapàr cassi par ravani: prendere lucciole per lanterne
  151. Ogni giorno nasse un cucco, beati chi se io cucca: ogni giorno nasce uno sciocco, beato chi riesce a fregarlo.
  152. Meter via ia pansa par i fighi: non sprecarsi, non affaticarsi, aspettare tempi migliori.
  153. Ea graea che parla mal dea farsora: la griglia che parla male della padella. Bisogna guardarsi se stessi prima di parlare male degli altri.
  154. Acqua calda e pomi coti co el zè morto straeassè…:era un’antica storiella che raccontava la mia bisnonna: per curare un moribondo, il medico consigliava ai parenti di dargli acqua calda e mele cotte e di smettere quando fosse morto: in pratica una cura empirica ed inutile…
  155. Ti zè mago o ti ghe ga magnà merda al mago?: si dice o chiede scherzosamente a qualcuno per chiedergli se per caso sia un… indovino, quando fatalità imbrocca qualcosa per caso…
  156. Pianiga: ze fra il buso del cueo e ea figa
  157. Tanta – Ea sé tanta: una ragazza pienotta ma belloccia. O ragazza formosa con grossi seni. (Santa Maria Formosa= Santa Tanta)
  158. Tira piu’ un peo de mona che sento crini de cavàeo
    Pontada coi aghi: solitamente è una donna che sta sulle sue, sempre a puntino e che non da confidenza.
  159. Cincirinoi quanti ce noi: piccola frasetta che dapprima veniva usata come “conta” poi detta come intercalare ad altre frasi. Es: “Sai quanti dogi ci sono stati a Venezia?” “100…no, 110, 120…dai, dimmelo” “No! Dovresti saperlo” “Siiii! Cincirinoi quanti ce noi?!?! (Non facciamo come i bambini: dimmelo e basta! N.d.S.)
  160. Coca belela: Un tipo considerato troppo mammone.
  161. Cicin: Boccone da prete.
  162. El va e’l vien come el vin de Sipro: và e viene come il vino di Cipro. Si diceva di una persona poco credibile che cambiava spesso opinione o poco stabile con la mente. Vecchissimo modo di dire che fa riferimento ai possedimenti della Repubblica durante l’auge
  163. Sentito da un gondoliere al mattino dopo il cenone prima di una giornata lavorativa: ieri sera berna, no go’ fato ora tocar leto che me gà tocà alsarme; ancùo un tost par supàr, stasera brodin per netàr. Trad. ieri sera ho bevuto troppo, non ho neanche dormito, oggi mangerò un toast perché inzuppi nello stomaco tutto il vino che mi rimane ancora dentro, questa sera berrò un brodino leggero.
  164. I piatti che i me porta pieni, che i mei porta pur vodi: si intende che anche se si perde questa pseudo amicizia, si continua a mangiare e vivere come prima, in quanto non si aveva nulla nemmeno quando l’amicizia sembrava esserci.
  165. Co rivo rivo. Significa arrivare senza fretta.
  166. Borida: grossa cacca. Per indicare una grossa porzione di cibo presa dall’amico mangione.
  167. Se gà maeà el cogo: dopo tanto tempo di bel tempo, si incominciano a vedere i segni inequivocabili di piogge imminenti.
  168. Imiserìo. So’ imiserìo: Sono pieno di freddo anche se non è molto freddo da aver freddo.
  169. Me fa miseria. Quella cosa lì (o quella persona) non ha un bell’aspetto, assomiglia a una di quelle cose che indossano i poveri senza gusto.
  170. Imagà: meravigliato, incantato.
  171. Ogni bel baeo stufa: qualsiasi cosa, anche la più gradevole, a lungo andare stanca
  172. Esser de bando. Essere disoccupato o aver perso il posto di lavoro
  173. Zioba grasso, tute e ingue ica: giovedì grasso, tutte le lingue leccano.
  174. Eà se onga eà regata!: E’ lunga la regata. Come per dire: non ti affannare e non preoccuparti eccessivamente, tanto siamo solo all’inizio…
  175. Gnanca el can no mena ea coa de bando. Nemmeno il cane muove la coda per nulla…quindi nessuno fa niente per niente.
  176. L’amor no zè brodo de fazioi. L’amore non è una cosa “ordinaria”, di tutti i giorni… Si usa anche per ironizzare quando due “morosetti” si baciucchiano per strada.
  177. No state a scaldar el pissin…(non farti riscaldare la pipì). Non arrabbiarti, che non ne vale la pena (detto con un tono un po’ canzonatorio quando qualcuno esagera).
  178. Na bea scarpa zè na bea savatta. Si pensa che uno bello da giovane sarà bello anche da vecchio…
  179. Persona (su un ponte)”Ohi, come stà Toni? Cossa faeo desso?” Gondolier (in gondoea, vogando)”Ben, desso el fà el somelier de peo”.
  180. Cicì cocò. Essere “cicì cocò” vuol dire essere due amici sempre assieme e che parlano, parlano, parlano…
  181. Ma tia gavevi in sima? Averla in sima (cima) significa avere un bisogno impellente di andare in bagno per fare la cacca.
  182. Quando uno di colpo si fa serio, smette di parlare, guarda l’infinito, e si mette a correre verso il bar più vicino con un andamento stile cavallerizzo vuol dire che “ea gà in sima”.
  183. Rosso di sera, brusa Marghera. Versione venezianizzata del celebre “Rosso di sera bel tempo di spera”. Marghera da
  184. Venezia è vista al tramonto. Quando si vede rosso anche dopo il crepuscolo significa che alcune fabbriche fanno sfiatare le loro ciminiere facendoci vedere il rosso fuoco prolungandoci il piacere di un tramonto prolungato.
    Tre caighi fa na piova, tre piove fa buriana e tre feste da bàeo fa na putana. Trad. Se c’é nebbia per tre giorni poi piove, tre giorni di pioggia fa maltempo e partecipare a tre feste dove si balla c’é la probabilità che la donna si trasformi in una prostituta.
  185. Boia San Pignata: esclamazione di stizza. Per evitare di dire “Boia San Pi…etro.
  186. El fa el mona per no pagar dassio. Fa lo gnorri, il finto tonto per non pagare il Dazio (tassa che veniva applicata per l’acquisto di merci fuori del Comune di Venezia; classico quando si andava in campagna a comperar la carne. Una volta giunti in Piazzale Roma c’era l’Ufficio degli Ispettori del Dazio, e se ti pizzicavano…..).
  187. Ara che verso eà cassea dee s-ciaffe! Minaccia di picchiare qualcuno.
  188. Ara che te sero come un tacuin: vedi sopra.
  189. Ara che te verso come ‘na canocia: minaccia più forte
  190. Ara che fasso na cassea de ossi: Risultato finale delle minacce di cui sopra
  191. El se ‘nda de oe: Scivolato
  192. A ben po’! (detta con la e aperta): manifestazione di stupore.
  193. MA TI GA’ EA LOLA? MA TI GA’ EA NOSA? Ma sei scemo?
  194. SAN PIERO CHE EAVA E BOTTI In occasione di un forte temporale con forti tuoni
  195. EL SE GA’ SCAPUSSA’ Di uno che è inciampato, senza danno, su di una sconnessura del pavimento; e nel caso più grave….
  196. EL SE GA’ INCAPEA’ cadere in malo modo con la possibilità di farsi male
  197. SOTTO E NATOE Sotto le travi spioventi del sottotetto
  198. EL GA’ CIAPA’ EA BRIVA Uno che se ne va velocemente, di corsa
  199. EA VIEN A SECI ROVERSI Piovere a dirotto, oppure
  200. EA VIEN CHE DIO EA MANDA
  201. MUSO DURO E BARETA FRACADA Avere il broncio
  202. NOTII SUL GIASSO Quando uno ha un credito che non riscuoterà mai
  203. GA FATTO BERNA Uno che è rimasto fuori tutta la notte ed è rientrato a casa all’alba
  204. MA TI GA’ E SCARPIE NEL SERVEO Di uno che non ragiona o non vuol ragionare
  205. ANDAR IN SPADINA Uscire di casa poco coperti, quando la stagione ancora non lo permette
  206. BIANCA richiesta di poter scoreggiare in presenza d’altri
  207. VEGNA L’autorizzazione a farlo da parte di un astante
  208. CHE EL CUEO ME TEGNA Auspicio da parte del “produttore” che il culo non ne abbia a soffrire
  209. UN BASO NO FA’BUSO MA EL XE UN BRUTTO USO (o Baso no fa buso, ma zè ea scaea par ‘ndar suzo Un bacio non significa nulla, non lascia traccia, ma dispensarne a destra e a manca…….
  210. AVER E MAN FATTE DE PUINA Non aver forza nelle mani
  211. ESSER FATI DE BUTIRO Essere privi di forza,e particolarmente esposto ai malanni
  212. MARRRRIAAAA CHE BONI, PAR ‘NA CIOCOEATA Elogio ad una minestra di fagioli
  213. I XE BONI CHE I PETA Elogio rivolto ad un risotto
  214. AVER EL NASO CHE PISSA IN BOCCA Non aver precisamente un nasino alla francese
  215. PARLA CO EA GAINA PISSA Cioè non parlare mai
  216. COPAR L’OCIO Passare a vita migliore, si fa per dire.
  217. DA MARSION Altra offesa rivolta ad una persona.
  218. TIRAR SU UNA BARCA DE TOTANI Lamentarsi continuamente, insistentemente
  219. FORA DE VADA Fuori strada, di un modo di ragionare, e quindi fuori di testa
  220. OGNI CASA GA’ EA SO CROSE COME OGNI PORTON GA’ EL SO BATAOR Ognuno ha i suoi problemi
  221. SENTIRSE MISSIAI Espressione ad indicare uno stato di salute non al massimo
  222. ESSER BASOTI Come sopra
  223. AVER EA GNAGNAREA Avere uno stato di malessere
  224. BATAR BROCHE Battere i denti dal freddo
  225. AVER I SGRISSOI Avere i brividi lungo la schiena
  226. FAR I SGRISSOI Provocare i brividi per paura, o per esempio guando si striscia il gesso sulla lavagna
  227. CIAPAR UN REFOLO Prendere un improvviso colpo di testa
  228. FAR EA SCAFA Quell’espressione del volto che assumono i bimbi quando stanno per piangere
  229. ANDAR A SPANDAR AQUA Andare ad orinare
  230. ANDAR A CAMBIAR L’AQUA AL CANARIN Come sopra
  231. STAR A GAEA COME I STRONSI Di uno che vuol sempre aver ragione, che vuol prevalere sugli altri
  232. GRASSO QUEL DINDIO Esclamazione per dire che non si tratta di una gran cosa (riferito ad un discorso)
  233. BUSARETI SIORA MARE Esclamazione di stupore
  234. MUSO DA TRE BAE UN FRANCO Di una faccia non particolarmente bella, simile a quella di quei pupazzi dei baracconi che si tenta di colpire con palle di pezza
  235. CAN DA BURCIO Altro complimento sgradevole rivolto ad una persona; si paragona a quei cani quasi sempre bastardi che vivono a bordo delle barche da trasporto
  236. BEO IN FASSE BRUTTO IN STRASSE (e viceversa) Non è detto che un bimbo bello da piccolo lo sia anche da grande
  237. PANSA DA VERMI Detto di un uomo che ha la pancia più che abbondante
  238. TATARARSE VIA Trascorrere il tempo dedicandosi a cose di poco conto
  239. MENA EA PORTA FIN CHE EA SUA Invito rivolto ad una persona che si lamenta continuamente di non saper cosa fare
  240. AVER EL PIANTO IN SCARSEA Essere un piagnucolone
  241. CIAPAR EL LICHETO Prendere delle cattive abitudini
  242. PISSAR FORA DEL BOCAL Andare oltre il consentito
  243. SA MORTI A CHI FA ONDE Invito minaccioso a non fare onde quando si fa(ceva) il bagno nei canali onde evitare che l’acqua non ti venga sul viso
  244. FAR E MAROSEE Quando da ragazzi si sale sulle barche è un divertimento farle rollare per provocare le onde (marosi) sui fianchi
  245. VENTO IN FURIA BONASSA PRESTO Passare repentinamente dall’ira alla calma
  246. EA GA E GAMBE COME DO FORCOE Non propriamente un complimento alle gambe di una donna
  247. EL GA UN OCIO CHE MANDA FAN CU’EO STALTRO. Ovvero strabico
  248. AVANTI E INDRIO COME E BAE DEI OCI. Uno che non stà mai fermo e si muove continuamente avanti e indietro.
  249. MA TI VIVI IN BARCA Uno che no sera e porte
  250. EL GA’ I GRANSI PORI IN SCARSEA Uno notoriamente avaro o……
  251. CAIA ….. vedi sopra
  252. IO GA’ BATESA’ CO L’AQUA DEI FOLPI: Un bambino che non sta mai fermo che si muove come un piccolo polipo.
  253. GO CIAPA’ UN SGORLON Prendere una grossa paura
  254. TI XE FORA COME UN PERGOEO Di uno che non c’è con la testa
  255. EL GUAAAA Il grido di quello che passava per strada e si offriva per affilare i coltelli
  256. TI BUTI SO’ EL REBOTO Osservazione che si fa ad uno che non calza bene le scarpe e ne schiaccia la parte posteriore col tallone.
  257. PERSO PAR EL CAIGO Disorientato, che non sà che pesci pigliare
  258. EL XE’ FATTO COME I AMOI /FIGHI Ubriaco da non reggersi in piedi; in chiave più corrente “Fatto”.
  259. EL GA CIAPA’ ‘NA SC-IENSA Ha preso una ubriacatura
  260. GA CIAPA’ UN SACHETO NELL’ ELICA Di uno che balbetta o ha una momentanea incapacità ad esprimersi
  261. CHE DIO TE MANDA EL TIFO, EL TANFO, EA ROGNA, EL GANFO, EA PESTE E EL COERA. Giuro che l’ho sentita in motonave anni fa detta da uno che aveva ricevuto un pestone al piede. Più de cussì……………..
  262. CO L’ANGEO PISSA IN PIASSA Quando l’angelo del PARON DE CASA è rivolto verso la piazza è prevista pioggia
  263. GARBINASSO QUEO CHE TROVO EASSO Di solito quando in laguna soffia il Libeccio (garbin) le condizioni del tempo rimangono le stesse di prima che soffiasse
  264. A UN SFORTUNA’ GHE PIOVE SUL CUEO ANCA STANDO SENTA’ No serve paroe………………..
  265. A TIRARSE MASSA INDRIO SE FINISSE COL CUEO IN RIO Non prendere mai posizione si finisce per rimetterci
  266. COPPAR L’OCIO: morire
  267. SESSOEA: specie di cucchiaione che serve per levare l’acqua nella sentina della barca ma anche mento prominente
  268. GENDENE: uova di pidocchio
  269. MAROGNA: quel che restava nella stufa dopo la combustione del carbone
  270. PAEAGREMO: grembiule
  271. AVER E GAMBE IMFORCOEAE: aver le gambe storte
  272. CO CHI CAVEI TI IMPIRI PERLE: dicesi a persona con i capelli dritti
  273. FAR EA FINE DEL PEOCIO SUL PETTENE FISSO: fare una “fine” misera
  274. “MA DA PICOEO TI XE’ CASCA’ DAL CAREGON COL CIUCIO IN BOCA?”: dicesi bonariamente a persona che ha un comportamento stupido
  275. MASTEGA BRODO: persona lenta
  276. EONGO COME EL PASSIO: esageratamente lungo
  277. ANDAR A PAGIOL: ritirarsi a dormire
  278. SCOVERSER I ALTARINI: scoprire cio’ che doveva star nascosto
  279. RESTAR IN BRAGHE DE TEA: restar senza niente
  280. EL XE’ DRITO COME EL GANSO DEL BECHER: storto
  281. COL TRATATO DE SARDEGNA CHI IO’ GA’ IN CUIO SEO TEGNA: dicesi di persona vittima di una fregatura
  282. PASSAR DAL PERO AL POMO: Cambiar discorso
  283. EL GHE ‘NA FATTO QUATTRO RIGHE: In maniera abbondante (riferito un pò a tutto)
  284. EL XE’ TUTTO UN SBOTEGAR Non fa altro che tossire
  285. DOPO DISNAR: In senso lato “Al pomeriggio”; dopo aver desinato.
  286. PESO EL TACCON DEL BUSO: Quando si tenta di “aggiustare” un discorso o un comportamento e si ottiene l’esatto contrario
  287. GIRAR EA BRISIOEA: Smentire una azione o una frase detta in precedenza in maniera sfacciata e poco credibile
    Strasse, ossi, fero vecio da vendeeeer…Così gridava “el strassetta”, un omino col sacco che acquistava, negli anni ’50, per qualche liretta dalla gente che altrimenti avrebbe buttato via (ma si buttava veramente via qualcosa, in quegli anni?) tutte le cose che non servivano più (pentole rotte, vestiti vecchi, oggetti inutilizzati…). L’ultimo strassetta si chiamava Ciccillo, ha chiuso bottega negli anni ’70, era in Calle Racchetta, a Cannaregio (quella lunga calle che porta alle fondamente Nove da Strada Nova all’altezza di Campiello dei Testori.
  288. Dio te manda pan e pesse e spini in cùeo: ti arrivasse di tutto… è una sorta di maledizione…ma non proprio così cattiva!
  289. Ia fa i busi per tera: quando piove a dirotto con goccioloni
  290. Duri ‘i banchi: detto nelle navi da guerra prima di sparare cannonate trad. “tenetevi alle panche” adesso “tieni duro”. Anche: per combattere con altre navi si usava speronarle con la prua e quindi la nave si fermava di botto e quindi…duriai banchi vogatori!
  291. Ombreer…el gua!: colui che aggiustava gli ombrelli e affilava le lame dei coltelli e delle forbici. Munito di bicicletta (che non usava per salirci sopra…siamo a Venezia…ma per far girare la mola con il pedalare sul cavalletto) con la scusa andava gridando la sua presenza per calli e campielli per avvisare la clientela.
  292. Sbrega baeòn: velocemente. Andar a sbrega baeòn.
  293. Se tute e paroe pagasse dassio…: abuso di parole (quando una persona parla tanto per parlare, visto che il parlare e’ gratuito.
  294. Spussa che revèa: puzza che fa rivoltare lo stomaco.
  295. Cori, va eà… cìccioite…: va là, cicciolati. Che el se cìccioea…: che si cìccioli…: versione che possono usare anche i bambini, ma che in realtà nasconde il termine “che el se ciava”… usando solo parte della prima sillaba e lasciando all’immaginazione tutto il resto…
  296. Far i pùisi: fare le pulci”… essere estremamente pignoli nel controllare gli altri nelle piccole cose
  297. Desbatisarse el serveo: non raccapezzarsi.
  298. No me pararìa d’estraneo: non mi meraviglierei.
  299. Esser in Candia (oppure persona Incandìa)
    dicesi persona presa male ( esser in mal arnese oppure in bolletta ). Deriva dl periodo di guerra in cui Venezia era alle prese con la guerra di Creta (guerra assai costosa
    per le casse della Serenissima)
  300. Ma ti gà un stomago come un cocal? Letteralmente hai uno stomaco come un gabbiano. Come si sa un gabbiano mangia di tutto e si presume digerisca tutto. Se uno mangia a volontà mandando giù bocconi senza far vedere di apprezzarli ma solo per il gusto di “mandare giù” ha lo stomaco “come un cocal”.
  301. Cagà e spuà: defecato e sputato. Si dice di due cose che si assomigliano molto come per esempio 2 persone: es.el ze cagà e spuà de so pare….
  302. Go na quaglia: avere una quaglia significa, in dialetto stretto stretto, avere un bisogno impellente di andare di corpo.
  303. Ti se come l’orologio ciosoto che fa ticchete tacchete ticchete tacchete: essere lenti. Siccome i chioggiotti sono famosi per la loro camoma (lentezza) si dice che anche i loro orologi invece di uno scattante tikk takk esibiscano un lungo e noioso ticchete tacchete ticchete tacchete…l’origine è una barzelletta.
  304. Ghe manca un bogio: quando una persona non è proprio a posto gli si dice che è troppo cruda come quando, per esempio, la pasta non è ancora cotta e gli manca ancora un po’ per esserlo.
  305. Moea el ganso (molla il gancio): in questo caso l’arpione con il lungo manico che serve per avvicinare alla riva le gondole per permettere di scendere a riva. Si usa per dire lascia andare, lascia perdere (come appunto, quando si è finito di scendere dalla gondola e la sicurezza del gancio che ti tiene a riva non serve più).
  306. Far striche de mandoeàto: fare strisce di mandorlato…fare cacao…eccedere nel fare.
  307. Bruta/o da far paura ae piere: molto brutta/o.
  308. Vate svodar: vatti a svuotare. Quando parecchie persone notano che tu guardi troppo insistentemente le ragazze ti vogliono invitare ad andarci assieme almeno con un paio per cercare almeno di “abbassare la quantità di seme accumulata nel tuo corpo”.
  309. Varda che se no ti ghea moi, te dago na petenada…
    Se non la smetti, mi vendico… ti picchio…ti do una strigliata che te la ricordi…
  310. Zò e man dal banco, che ea merce costa! Non toccare assolutamente. Si usa non nei negozi, ma in qualsiasi circostanza lo richieda…
  311. No stame tirar in lingua: Non farmi dire cose sulle quali è bene stendere un velo pietoso…
  312. Darghe el sèra. Dopo una lunga vacanza (esempio) fatta di grande mangiate e gran bevute fare l’ultimo pranzo pantagruelico senza avere molta fame.
  313. El bogie (lett.:bolle): quando uno si prepara ad un grande sputo pieno di catarro che stenta a venire fuori e provoca tutti quei rumori caratteristici.
  314. Roba sbrisa: qualsiasi cosa (es. indumento) da poco conto.
  315. Ea gà e so’ robe: Ha le mestruazioni.
  316. E se robe sue: esempio di un dottore quando scrive una diagnosi e che si cerca di interpretarla. Quando la si legge e non la si capisce.
  317. Via co’ eà pignata= dare i numeri
  318. Ti ghe geri ancora nee bae de to nono= modo colorito di dire che la persona in questione non era ancora nata.
  319. Naso no fa casso… sè ea ponta che conta…
  320. Sborar garatoi= cazzi amari.
    (I garatoi sono la parte di scarto delle pannocchie del mais)
    Refada/ date na refada: darsi una sistemata.
  321. Impegoearse. Avvolgersi nella pegola e quindi incasinarsi la vita.
  322. Incucarse: innamorarsi senza ragionarci tanto su.
  323. Stravaccarse: stare distesi in modo disordinato, sbracati… me stravacco sul divano e no me also più… o anche: no star ea stravaccà in poltrona, fa qualcossa…
  324. Straviarse: Go vogia de straviarme: ho voglia di distrarmi non pensando a niente, anzi, divertendomi. Vado al cine par straviarme un fià (vado al cinema per distrarmi un po’)
  325. Che tantin/quaità de bòvoeo= esclamazione alla vista dell’importante nuovo orologio di tuo amico. Sia se fosse costoso sia se fosse grande o appariscente. L’orologio in questo caso è paragonato ad una grande lumaca.
  326. El se finto?= Detto all’amico verso il barista dopo aver domandato un paio di volte caffé e aver notato l’espressione assente dello stesso.
  327. ‘Na Becks e quattro cannucce: essere tirchi. La Becks è una nota marca di birra.
  328. Magasen de a egna curta: deretano. La legna sarebbero gi str…
  329. ‘Na Becks e quattro cannucce: essere tirchi. La Becks è una nota marca di birra.
  330. Contessa o no contessa sta quà se a banca dei cui roti (contessa o non contessa questa è la banca dei culi rotti)= si può essere una contessa ma quando c’é l’occasione anche una costessa si concede al sesso come una plebea.
  331. Gato co’ e scarsee (gatto con le tasche)= pelliccia di poco conto. “Ti vol ea peicia? Va aea Bienal e tolte un gato”.
  332. Eva (da levarsi/alzarsi)= invitare (non tanto amichevolmente) qualcuno ad alzarsi da dov’era seduto.
  333. Sbuegà= vestito con la camicia di fuori o comunque con gli indumenti fuori posto, malmessi.
  334. Dighe!= messo ad una fine di una frase (detto molto svelto) la rafforza. Es: vien quà ‘more, bea de mama, dighe.
  335. Se sbora bigoi= si eiaculano spaghetti. Quando che fa molto freddo.
  336. Xe’ na bona teta= quando hai un bel lavoro e si guadagna bene.
  337. Fuffignà: stropicciato, come definizione principale. (no ti vorà ndar via co tuta ea camiza fuffignada?)
    In alternativa: te dago na fuffignada che ti tea ricordi (una strapazzata memorabile); Oppure ai bambini: no sta fuffignar (nel senso di frignare)… Ironico: fuffignar soto e coverte… se gavemo capio, no?
  338. Medagia= medaglia, si usava dire di un figlio o una figlia che nessuno decideva di sposare. Poareto, el gà na medagia in casa….
  339. Fuffignà: stropicciato, come definizione principale. (no ti vorà ndar via co tuta ea camiza fuffignada?)
    In alternativa: te dago na fuffignada che ti tea ricordi (una strapazzata memorabile); Oppure ai bambini: no sta fuffignar (nel senso di frignare)… Ironico: fuffignar soto e coverte… se gavemo capio, no?
  340. No go’ grana: gnanca da gratar. Grana e grana sono rispettivamente “formaggio” e “soldi”.
  341. Avere un trolley de morti cani. Maledizione rivolta al turista che gira nei giorni di calca col trolley e con la testa alta sia nelle strette calli alla ricerca dell’albergo (che si trova dal secondo piano in su, evidentemente) sbattacchiando nelle caviglie di ognuno i bordi taglienti.
  342. Far Sambo: modo di dire che richiama un Sambo (cognome), vecchio”mafioso” locale, famoso per stare zitto sempre anche in casi estremi. Far Sambo significa quindi far finta di niente, essere ermetici.
  343. Bon iorno!:è un classico buongiorno detto “alla campagnola” per sembrare ancora più simpatici.
  344. A picoeòn. Pendente, penzolante. Come un pendolo. Un dente da levare può essere “a picoeòn”. Un ragazzo maldestro che sta per cadere da un albero penzolando è “a picoeòn”. Un anziano o un uomo non particolarmente virile “eo gà à picoeòn”. Ce l’ha a picolone.
  345. Me trinca: mi tira. Es: me trinca ea camisa…la camicia mi tira. Me tira ea ferita…la pelle della ferita mi da fastidio tanto da sentirmi la pelle che mi tira.
  346. Imbarondoeà/imbarondoeada: di persona coperta all’eccesso. Fasciata bene per il freddo.
  347. No go’ astico desso=non ho voglia di fare un qualche cosa adesso.
  348. Ciaro te vedo e spesso te ricordo=detta a una camicia o ad un paio di pantaloni consunti o di stoffa scadente.
  349. Intropico: goffo. Che fa movimenti impacciati.
  350. Andar a un remo sòeo: fare/decidere una cosa, anche di importante, senza l’aiuto di nessuno.
  351. Miseria bate boba 1 a 0: estrema povertà all’ennesima potenza. Detto a una persona o situazione in cui si sommano miseria e boba (mangiare dei poveri). Es: uno male in arnese vestito male. Quando c’é poco da lavorare e quando i clienti sono persone che potenzialmente non hanno neanche i soldi per mangiare…pensate voi se hanno i soldi per comperare un souvenir!
  352. Andar a dò remi: andare in prigione. Chi voga “ala vaesana” usa incrociare le braccia come quando si ha le manette.
  353. Mussi a terra, marineri a riva: se la fondamenta è sporca sono arrivate le navi.
  354. Il subioto è il maccherone italiano. Il subiotin è il subioto piccolo. Subioto puol voler dire volgarmente “inseririmento del pene in bocca” o anche persona obesa ma non troppo. Sentita ieri dai gondolieri alla richiesta del salire in gondola di un gruppo di turiste ungheresi (tutte carine e magre fuorché una in forma, bruttina e col cappello alla pescatora): “speta, speta..fa montar prima el subioto!”
  355. Bae da s-ciopo: palle da fucile. Sono i seni piccoli ma turgidi e alti delle ragazze giovani.
  356. Andemo verso: la frase completa sarebbeAndiamo verso casa.
  357. Vate far veder. Vatti a farti vedere (da un dottore) inteso sia se hai qualsiasi male fisico sia se…sei un malato mentale. “Lo sai che ieri era sciopero e dovevo andare a Mestre…mi son fatto Sant’Elena/piazza Barche a piedi? Vate far veder!”
A Venezia tutti dicono...
Muoversi a Venezia. Un tentativo...
a5
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