START | Veneziani | i giuochi di una volta e quelli di adesso

Giuochi di una volta

Palla avvelenata (bàea aveenada).
La palla veniva lanciata in aria. Chi la prendeva doveva colpire gli altri giocatori. Era permesso di fare solo tre passi per colpire gli altri giocatori. I colpiti, gli “avvelenati”, erano eliminati. Si finiva quando tutti i concorrenti erano eliminati.

Campanon
Col gesso si segnavano sui masegni 6 o 8 coppie di quadrati numerati. L’ultima coppia era unita da un semicerchio. Veniva gettato a terra dentro uno dei quadrati una pietra o un tacco di scarpa. Il giocatore, saltellando su un piede, seguiva la numerazione toccando una sola volta la casella senza toccarne i bordi (nepa) e raccogliendo la pietra. Il percorso veniva fatto prima col piede destro e poi con il sinistro. Se non si facevano errori si ripeteva tutto. Logicamente il “campanon” poteva essere diverso da sestiere e sestiere. Da molto più semplice a più complesso.

Sercio
Una volta veniva usato il cerchio delle botti, poi quello di legno e infine quello di plastica. Veniva fatto rotolare battendolo con una mazza li legno senza farlo cadere.

Cimbani
Coi tappi (cimbani: tappi di bottoglia) appesantiti da creta o altro materiale si cercava di colpire la figurina del campione sportivo preferito.

La pista
Il percorso era l’anello che circondava la vera da pozzo. Coi cimbani si doveva a turno tirare senza andare fuori “dal bianco”. Un concorrente aveva direzione oraria e l’altro antioraria. Vinceva chi toccava per primo il tappo avversario.

Palimarsi Paliduri
Un bambino si appoggia in piedi spalle al muro, un altro si appoggia a lui piegato a 90°, un altro piegato allo stesso modo e un terzo uguale. Un giocatore, al grido di “palimarsiii, paliduriiii” risponde: “ara, che vegno!”, prende la rincorsa saltando il più lontano possibile sulla groppa degli amici piegati. Il secondo giocatore fa la stessa cosa e così via. Quando i bambini sono tutti in groppa si conta fino a tre per tre volte e si cade tutti per terra. Stremati.

Peta buso
Il gioco si faceva da due giocatori con la stessa quantità di creta. Dopo la conta il vincitore preparava un cilindro cavo non tanto alto con la parte superiore ricoperta con uno strato di creta il più fino possibile. Al grido di “petaaa…buso!” il giocatore lanciava con forza il cilindro per terra. In questo modo la pressione faceva scoppiare la parte meno resistente creando un foro (el buso). L’altro giocatore ricopriva con un po’ della sua creta e rifaaceva quello che aveva appena fatto l’altro. Perdeva chi finiva prima il proprio quantitativo di creta da ricoprire il buco.

Libera don don
Dopo avera fatto la conta venivano divisi i bambini “guardiani” che dovevano rincorrere i “liberi” che quando venivano toccati, diventavano a loro volta “prigionieri”. I “liberi” poi dovevano toccare i “prigionieri”, tenuti per mano, per liberarli senza essere toccati anche loro. Il gioco finiva quando si era tutti sfiniti.

Massa e pindolo
Gioco antico. La “massa” era un vecchio manico di scopa lungo circa 1/2 metro e il “pindolo” un pezzetto più piccolo (12 centimetri circa) con le estremità appuntite. Si segnava per terra un cerchio e si appoggiava al centro il pindolo. Il primo lanciatore colpiva una delle punte del pindolo il quale, restando sospeso per aria, poteva venir lanciato lontano dalla massa come nel gioco del baseball. Gli avversari dovevano prendere il pindolo. Se ci riuscivano il lanciatore veniva eliminato. Se il pindolo non veniva preso al volo, l’avversario più vicino doveva prenderlo e lanciarlo cercando di toccare la massa appoggiata per terra al centro del cerchio. Chi ci riusciva, il battitore veniva eliminato. Se invece non veniva centrata la massa, il battitore batteva il pendolo facendolo saltellare per aria senza farlo cadere: ogni colpetto un punto. Si contavano in punti e si stilava la classifica. Si ricominciava dall’inizio fino all’eliminazione della squadra.

Tacco
Si tratta di colpire a distanza ragguardevole (anche 50/60 metri) una pila di figurine con un tacco da scarpa modificato e adattato all’uso. Esistono vari stili di lancio forte, a vovo, soto gamba, ma i “campioni” preferiscono pian, pacca sentà e pacca in pìe. El taco era un tacco, appunto, di scarpa che veniva appesantito da una caterva di brocche (puntine da disegno), e cosparso di cera sotto. La preparazione si concludeva arrotondando ulteriormente gli spigoli.
Per la necessità continua di cerare il fondo e per il buon terreno di gioco si giocava in prossimità della chiesa.

Quatro cantoni
Dopo aver fatto la conta ci si disponeva uno nei quattro angoli scelti in un campo e il “perdente” al centro. I quattro giocatori agli angoli dovevano muoversi in continuazione dall’angolo lasciandolo libero, cercando di scambiarsi angolo con gli altri giocatori. Il giocatore al centro doveva cercare di occupare uno degli angoli, già occupato da uno dei quattro giocatori, che rimaneva a sua volta perdente.

Salto in banco ale tre colone
Dopo la conta venivano scelti tre ragazzi che dovevano fare i pali assumendo una posizione che li vedeva con le gambe aperte , braccia aperte appoggiate alle spalle di altri due giocatori. Il tutto simile alle bricole. Al grido di “salto in banco ae tre colone”, il giocatore prendeva la rincorsa e saltava sulle spalle di uno dei tre ragazzi-palo, si infilava con la testa in giù nel vuoto creato fra le teste e si calava fino a terra sempre a testa in giù.

Sconte
Dopo la rituale conta, il giocatore che stava “soto” doveva contare fino a 31 mentre gli altri si nascondevano. Alla fine della conta, doveva scovarli. Se ne trovava uno doveva battere il muro dove aveva fatto il conteggio gridando “mea” e il suo nome. Se invece uno dei “nascosti”ce la faceva a battere “mea” senza essere scoperto, poteva liberare tutti quelli che fino a quel momento erano stati scovati.

Sotomureo
Si lanciavano delle figurine addosso il muro. Chi ce la faceva a lanciarla il più possibile sotto il muro vinceva le figurine di tutti gli altri. La figurina veniva lanciata tenendola tra il dito medio e l’indice con una torsione del polso e lasciata.

S-cioco e spana
Si segnava un cerchio col gesso per terra e, al centro, ogni ragazzo metteva il suo mazzetto di figurine. Dopo la conta, a turno, a una certa distanza si lanciava un tacco da scarpe cercando di prendere uno dei pacchetti di figurine e di farle uscire dal cerchio: quelle fuori sono sue, le altre rimangono in gioco.
Variante
Ogni ragazzo doveva procurarsi una pietra piatta, generalmente un pezzo di mattonella, e con quella si iniziava una specie di gioco delle bocce.
Il primo giocatore lanciava il suo sasso lontano, o vicino se l’ avversario veniva reputato una schiappa, l’ avversario poteva fare due cose: lanciare a sua volta la pietra lontano lasciando la scelta della mossa all’ altro, oppure lanciare il suo sasso cercando di colpire il sasso avversario, con due possibilità: riuscire a colpire la pietra avversaria (S-cioco) o avvicinarsi quel tanto da riuscire a toccare le due pietre con la spanna della mano ( spana) dilatata con l’ altra ( esempio: facendo forza con il pollice e medio della destra sul pollice e mignolo della sinistra) se si faceva s-cioco o si riusciva a toccare le due pietre con spana si pagava con le figurine ( di solito) se invece non si faceva s-cioco o si sbagliava a calibrare il tiro bisognava solo sperare che il rimbalzo fosse il più lontano possibile dalla pietra avversaria altrimenti per l’ altro era punto fatto a occhi chiusi.

 

Giochi di adesso

Gioco delle meduse
Il gioco si fa in spiaggia. Si raccolgono le meduse che numerose affollano le spiagge nei nostri mari quando l’acqua è particolarmente pulita col retino (voegheta). Si mettono le meduse sul secchiello del bambino. Con un guanto si raccolgono una ad una e le si lanciano addosso ai concorrenti. L’allegria e il divertimento è assicurato.

L’acqua insalubre
Più che gioco, si tratta di uno scherzo. Si tratta di preparare del te con l’acqua prelevata in uno dei tanti rii veneziani. La corsa al bagno più vicino è d’obbligo. Lo scherzo riuscirebbe meglio se dopo il te si invita quello a cui è stato offerto il te a fare una passeggiata per Venezia in posti molto centrali dove difficilmente ti dicono che il bagno funziona.

Passeggiata in barena
Serve una barca. Si invitano tanti amici in costume da bagno e con le ciabatte a camminare in barena dove il fango non è fango ma una tenaglia che ti imprigiona facendoti sparire da subito le ciabatte (le costosissime infradito Diesel da 50 euro), poi i piedi facendoti perdere l’equilibrio e cadere a terra dove la risata non ti impedisce di berti una grossa quantità di acqua sporca e scura. Una volta che sei finalmente riuscito a liberarti dal fango le mani e alzarti in piedi il gioco continua col cercare di camminare il più spedito possibile facendoti sembrare uno dei tanti zombies nel video di Michael Jackson. Vince chi si procura più tagli alla pianta dei piedi pestando le bottiglie rotte sparse per tutta la laguna.

Corsa in centro
Il gioco consiste nel correre veloce in zone centrali nelle ore di punta col caldo più soffocante. Il percorso è andata e ritorno (serve un cronometro). I concorrenti devono essere il più possibile onesti e di segnalare quante borse dei vù comprà vengono pestate durante la corsa. Meno borse più punti.

La polizia
Anche questo è più uno scherzo che un gioco. Serve un lampeggiante (basta anche uno da bicicletta ricoperto di carta trasparente blu). Si gira di notte in barca e ci si avvicina in quelle zone dove le barche dei caparossolari si incontrano per mettersi daccordo su dove raspare rovinando la laguna o mentre qualche barchino corre in planata. A questo punto si fa partire il lampeggiante. Le risate saranno appaganti.

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